In ogni discorso, il presidente del Consiglio adopera la parola narrazione. È un sostantivo che ripete in ogni circostanza e che fa parte della sua studiata comunicazione.

Il compulsivo uso di questo termine, l'idea con cui narra, il modo con cui racconta l'Italia non è questione marginale, psicologica o caratteriale, bensì parte rilevante della identità del renzismo. In realtà in questa reiterata narrazione non vi è alcuna narrazione del Paese reale, non vi è conoscenza del passato nè visione del futuro solo vaniloquio del presente e declamazione di se stesso.

Matteo Renzi è l'interprete principale di Alessandro Baricco, scrittore che da anni va insegnando e predicando in giro per l'Italia il significato di storytelling: "togliete dalla realtà i fatti, quello che resta è lo storytelling". È opportuno citare però, in risposta a Baricco, il commento di Francesco Maino, una delle voci più importanti della nuova narrativa italiana: " io direi (...), sfila via lo storytelling alla realtà e quello che resta sono i fatti".

Vi è una contrapposizione fra virtuale e reale in letteratura, fra verità e menzogna in politica. La narrazione del renzismo nasconde la verità e canta " O sole mio", di più il narratore si sente al centro di tutto, onnipotente ed onnisciente. Tale atteggiamento sta diventando poco produttivo: la favola è  offuscata dai dati economici negativi, dalla disoccupazione, dal distacco siderale dei cittadini dalla politica e dalle istituzioni, dalla corruzione costante, dal familismo vergognoso e impunito, dai Neet.

In realtà Renzi ha solo narrato bugie e rottamato quanti non hanno voluto credere alla sua narrazione.  #Enrico stai sereno# è prova che nemmeno lo storytelling  di Baricco può modificare. I cittadini hanno capito. Infatti, a meno di un mese dal voto referendario il Narratore-Rottamatore è in crisi. Basta riflettere su un dato: da luglio il NO ha recuperato 8 punti, il SI è rimasto fermo alla partenza nonostante l'occupazione della TV e l'endorsement di quasi tutti i giornali e delle lobby. Ne consegue che l'offensiva comunicativa e narrativa ha perso vigore e che le frottole non sono più digerite dagli italiani.

La campagna referendaria è stata personalizzata e caricata, come nello stile della narrazione renziana, di significati impropri. Il premier-segretario PD ha sovrastimato la propria forza ed ha equivocato la natura profonda del Paese ritenendo di potere, grazie alla narrazione, indurre ad un lungo sonno gli italiani. Non ha pensato che il telone della finzione politica potesse strapparsi brutalmente e svelare che la narrazione in realtà nasconde il volto arrogante del potere e il cinismo dell'arroganza.