Il fenomeno dell’immigrazione dai Paesi Africani verso il Nord Europa è stato dapprima cinicamente auspicato dalla U.E. per abbattere il costo del lavoro, mediante l’immissione di nuovi lavoratori a basso costo, e poi combattuto allorquando la grave crisi economica che ha colpito l’Europa ha determinato l’insorgere, sempre meno sopito, di nuove questioni razziali dettate più che da veri conflitti ideologici dalla lotta per la sopravvivenza.

L’aumento della forbice tra i ricchi ed i poveri, la distruzione del ceto medio, la disoccupazione latente, l’incapacità di cogliere i necessari cambiamenti e le sfide del mercato globalizzato, vedono oggi la crescita di un conflitto generazionale interno e soprattutto l’incapacità di comprendere che l’assenza di meccanismi di protezionismo espongono l’Europa al rischio di essere colonizzata dalle grandi potenze che con mercati di miliardi di persone hanno la necessità di approvvigionarsi delle risorse naturali. La crisi e l’area di contesto impongono la ricerca di soluzioni politiche che sappiano trasformare il disvalore della divisione di terre e popolazioni ragionando in termini di risorsa unitaria. La Sicilia ha oggi l’opportunità di costruire con l’Africa del Nord, quella parte più civilizzata e pronta al cambiamento, un polo della logistica per gli scambi commerciali con prevalenza del settore sanitario, agroalimentare e delle energie rinnovabili potendo offrire qualificate competenze sia nella formazione che nella trasformazione manufatturiera e nella distribuzione di prodotti di alta qualità. Solo unitarie condizioni di sviluppo possono far crescere l’economia dell’area del Mediterraneo e le popolazioni più povere portando benessere con la realizzazione di infrastrutture materiali ed immateriali nei Paesi Africani e considerando l’intera area del Mediterraneo come un unico Parco commerciale. Il miglioramento delle condizioni di vita sociale e culturale è l’unico strumento per contenere il fenomeno dell’immigrazione.

La Sicilia e le Città Metropolitane di Messina, Catania e Palermo, in tale contesto, possono, con politiche di filiera, svolgere un ruolo fondamentale: a) creando un polo di eccellenza per la telemedicina formando in loco personale medico, paramedico; b) incentivando la formazione universitaria in Europa della futura classe dirigente africana; c) realizzando un Parco agroalimentare capace di coinvolgere players internazionali, offrendo know How ed integrazione della filiera della trasformazione dei prodotti e della loro distribuzione con marchio euromediterraneo; d) realizzando un parco tecnologico, per l’ edilizia, la difesa del suolo, per le energie rinnovabili e per la trasformazione dei rifiuti. Un ruolo strategico riveste quindi la realizzazione di infrastrutture di collegamento tra i porti africani, sempre più meta di investitori Indiani e Russi, e la Sicilia ed in particolare il collegamento attraverso il Canale di Sicilia, l’ammodernamento del sistema ferroviario, degli aereoporti, dei porti e delle aree retroportuali per il cargo e del sistema marittimo veloce per i passeggeri. Il ruolo del Mediterraneo nell’articolato e complesso sistema dei flussi di traffico a scala mondiale è infatti in continua evoluzione. 1 A partire dal 1990 la portualità mediterranea si è venuta a trovare, di nuovo, in una posizione centrale in seguito alle fondamentali modificazioni dell’economia globale che fino a tale data l’avevano relegato in una posizione periferica rispetto ai sistemi portuali-commerciali dei Paesi Nord-Europei (Inghilterra, Germania e Olanda). La sempre più forte concentrazione dei centri produttivi nell’area dell’Estremo Oriente-Pacifico ha determinato uno sviluppo della trade lane del Pacifico e delle rotte commerciali che si diramano lungo l’asse Far-East/Europa. Il Mediterraneo è divenuto, di conseguenza, un passaggio “obbligato” per circa il 15% del totale mondiale di traffico merci, influenzando consistentemente il traffico commerciale. Per tale motivo sono oggi richieste grandi trasformazioni delle nostre infrastrutture contestuali ad un aumento di efficienza e di qualità dei servizi. Il differenziale di crescita del PIL tra i principali paesi emergenti dell’Asia, dell’America Latina, del Medio Oriente, del Nord Africa e dell’Africa Sub-sahariana e il mondo occidentale è in aumento (con una media di 5 punti percentuali a favore dei primi).

Un clima d’incertezza sul futuro degli scambi Occidente – Oriente, rispetto alle tendenze degli anni pre- crisi, è rappresentato dal significativo rafforzamento dell’ASEAN (Association of South-East Asian Nations) a seguito del recente accordo per la creazione di una grande area di libero scambio tra i membri dell’ASEAN e la Cina, e a cui in prospettiva dovrebbe aderire anche l’India. La Comunità dell’Asean, è fondata sulla libera circolazione dei beni, delle persone e dei capitali. Nel 2007 l’Asean si è inoltre dotata di una Costituzione che, ratificata nel corso del 2008 da tutti gli stati membri, è entrata in vigore nel dicembre dello stesso anno e ha rappresentato un passo in avanti sostanziale nella direzione di una maggiore integrazione, sul modello dell’Unione Europea. Attualmente aderiscono all’ ASEAN Brunei, Cambogia, Filippine, Indonesia, Laos, Malaysia, Myanmar, Singapore, Thailandia, Vietnam. Nell'insieme i Paesi del Sudest Asiatico aderenti all'ASEAN, formano un mercato di oltre 611 milioni di persone. Per la prima volta nella storia dell'uomo, il Passaggio a Nord-ovest e il Passaggio a Nord-est sono entrambi navigabili: il Polo Nord, in altre parole, può essere circumnavigato senza bisogno di rompighiaccio; una nave che partisse da Amburgo o da Rotterdam per il Giappone potrebbe puntare verso Est, sopra la Scandinavia, costeggiare la Siberia, passare lo stretto di Bering ed entrare nell'Oceano Pacifico. L’allargamento del Canale di Panama ed il previsto allargamento del canale del Nicaragua comporterà il dirottamento di gran parte dei servizi che oggi utilizzano il Canale di Suez per toccare i porti del Northern Range su servizi pendulum che collegheranno i porti del Far-East, porti Usa della West Coast e porti del Nord Europa. Per questo esiste oggi un’importante opportunità rappresentata dalle prospettive di sviluppo connesse alle relazioni intra-mediterranee.

Il Mediterraneo deve essere visto come una “cerniera” tra i paesi dell’Unione Europea ed i paesi terzi mediterranei del Nord Africa e del vicino Oriente, dove sono localizzati rilevanti fattori produttivi e dove è in corso una rapida evoluzione del mercato. Data la vicinanza geografica delle sue sponde, il Mediterraneo permetterebbe l’ottenimento di un efficace sistema di trasporto, con economie di scala tipiche del trasporto marittimo, tra i Paesi dell’Unione Europea ed i diversi Paesi in via di sviluppo presenti sulle sponde Est e Sud dello stesso mare. 2 Un’area di particolare interesse, a causa degli intensi rapporti commerciali con il Mezzogiorno, è rappresentata dai paesi del Nord Africa, generalmente considerati insieme agli Stati del Medio Oriente con l'acronimo “Mena” (Middle East and North Africa). Nonostante la diversità di culture, grado di sviluppo economico e struttura sociale, questi paesi sono accomunati dalla contiguità geografica oltre che da prospettive di grande richiamo per gli investitori (Cina ed India, ma anche Stati Uniti ed Europa). Visionando una carta geografica dell’area mediterranea anche l’osservatore più superficiale si renderebbe, infatti, conto che nel raggio di poche miglia dalle coste calabresi e siciliane si giocano le partite decisive legate alla sicurezza e agli interessi economico – sociali dell’intero pianeta (Siria, Libia, Egitto e Tunisia). Oltre alle instabilità, tuttavia, il Mare Nostrum, che sin dall’antichità ha giocato un ruolo di fondamentale importanza nell’evoluzione della storia mondiale, pur rappresentando solo 1% della superficie acquea, è nuovamente diventato il grande crocevia dei maggiori flussi dell’economia globale. L’emergere delle nuove potenze asiatiche e dell’America del sud, unitamente alla disordinata crescita economica dei Paesi africani considerati mercati in espansione con tassi multipli rispetto a quelli europei ha sia determinato uno spostamento dell’asse geopolitico verso il sud del globo che concentrato nel Mediterraneo i nuovi flussi geo-economici, destinati ad incrementare ulteriormente la loro portata, da cui è derivato l’ampliamento del canale di Suez ed il prossimo allargamento del canale del Nicaragua che sancirà il collegamento per le grandi navi tra il Pacifico e l’Atlantico. La nuova situazione, che vede transitare copiosi carichi di merce davanti alle nostre coste diretti verso porti del Nord Europa, senz’altro molto più efficienti, potrebbe rappresentare un’opportunità per l’Italia che, grazie alla sua ubicazione, si presenta come un grande molo naturale e, al contempo, un piano di scorrimento posto a tagliare il Mediterraneo in due compartimenti. Affinché questa opportunità venga sfruttata, occorre che la parte meridionale del Paese superi il gap infrastrutturale che le impedisce una concreta azione di sviluppo. Ciò potrebbe avvenire attraverso la messa a punto di un’immediata e adeguata strategia infrastrutturale che non si soffermi solo sul Ponte, ma che tenga conto di diversi livelli di infrastrutture, materiali e immateriali, capaci di interagire tra loro, in un sistema di logistica integrato, al fine di rendere il Mezzogiorno e l’intera Nazione competitivi e all’altezza delle nuove sfide e dei nuovi cambiamenti geopolitici che si stanno ponendo innanzi.

A tal riguardo sarebbe fondamentale ipotizzare un hub aeroportuale, ovvero un raccordo degli aeroporti attuali, migliorati e potenziati, al centro della Sicilia per intercettare le rotte che arrivano dall’Asia e dalle Americhe e poi distribuire il traffico all’interno del Mediterraneo, verso l’Europa e verso l’Africa. Tale infrastruttura, infatti – anche a parere di americani, cinesi e giapponesi – potrebbe diventare l’hub aeroportuale più importante di tutto il sistema Europa-Africa, più importante di Londra, Parigi, Francoforte, eccetera. Sarebbe, inoltre di fondamentale importanza potenziare i porti meridionali, dotandoli di adeguati collegamenti con le linee ferrate di alta velocità e alta capacità, e sviluppare le linee interne. Un tale sistema di infrastrutture logistiche integrate consentirebbe, realmente, di intercettare tutti i traffici che passano per Suez e garantirebbe alle merci ed al prodotto industriale Italiano di andare sui mercati internazionali con un 25% di costo in meno, eliminando il peso della disfunzione del sistema logistico (quindi del dover ricorrere alla logistica esterna), che incide sulla competitività del prodotto esportato italiano. Ciò significherebbe un accrescimento del proprio potenziale complessivo e quindi un maggior peso a livello globale. 3 È ovvio, tuttavia, che il progetto per essere tale deve essere sviluppato in parallelo e può essere finanziato, con risorse pubbliche e private. Tali soggetti, tra cui si annoverano i cinesi, avrebbero, come del resto hanno già dimostrato di avere, tutto l’interesse a finanziare le opere dal momento che le stesse permetterebbero dei notevoli risparmi, in termini di tempo e di costi, alle loro merci dirette sui mercati europei. E’ chiaro che tali scelte permetterebbero al Mezzogiorno d’Italia di diventare il centro nevralgico e propulsore di nuovi processi economici, nonché all’intera Nazione di superare lo scompenso atavico con il quale convive sin dalla nascita. Nel 2013 il Parlamento Europeo ha deciso quale è la mappa europea dei 9 corridoi principali di trasporto per i quali sono stati stanziati 26,3 miliardi di euro per il periodo 2014 – 2020. L’obiettivo è trasformare l’attuale patchwork di porti, aeroporti, strade e ferrovie in un Trans-European transport Network (TEN-T) integrato mettendo in relazione fra loro 94 scali marittimi (con relativi collegamenti ferroviari e stradali), 38 aeroporti, circa 15.000 km di ferrovia verranno implementati per ospitare linee ad alta velocità e 35 progetti transnazionali serviranno a risolvere i colli di bottiglia. Questo core transport network europeo, da completarsi entro il 2030, si fonderà su 9 corridoi principali: due sull’asse nord – sud, tre sulla direttrice est – ovest e quattro che tagliano in diagonale il continente.

L’ultima versione approvata dal Parlamento Europeo ha confermato la presenza dei quattro corridoi che riguardano direttamente l’Italia: il Mediterraneo, l’Helsinki - La Valletta, il Genova - Rotterdam e il Baltico - Adriatico. Il corridoio Helsinki - La Valletta passerà da Verona e Bologna per arrivare a Roma- Civitavecchia e Napoli con diramazioni a La Spezia, Livorno e Ancona. Da Napoli poi si biforcherà: da un lato verso Taranto e Bari, dall’altro verso Gioia Tauro e poi Palermo, da dove proseguirà via mare fino a Malta. L’obiettivo delle reti TEN- T è quello di creare le condizioni affinchè i Paesi europei costituiscano una moderna rete integrata dei trasporti (ferrovia, porti, aereoporti, autostrade) ecosostenibile e ad alta tecnologia capace di velocizzare ed incrementare il trasporto delle merci e dei passeggeri con sensibile abbattimento dei costi, creando nuovi posti di lavoro e benessere sociale. Uno dei pochi progetti prioritari delle reti TEN-T dell’Unione Europea (Progetto 21), che ha riscosso un notevole successo per la nostra penisola ed il Mezzogiorno in particolare, è rappresentato dalle “Autostrade del mare”. Il suddetto progetto mira al trasferimento del traffico merci dalla strada al vettore marittimo, grazie all’impiego di navi ro-ro che colleghino i Paesi costieri dell’Unione Europea e i Paesi rivieraschi dei mari Baltico, Atlantico, Mediterraneo, Nero e con una estensione attraverso il canale di Suez verso il mar Rosso. L’Italia, ed in particolare il Mezzogiorno, hanno quindi tutte le possibilità di sfruttare la favorevole posizione geografica e la consolidata tradizione marinara per assumere il naturale ruolo di piattaforma logistica al centro del Mediterraneo.

Queste potenzialità hanno tuttavia bisogno di un mercato della logistica in grado di trasformarle in un reale sviluppo economico e territoriale mediante strategie orientate alla maggiore produttività e al minor costo di stoccaggio e di trasporto. La logistica da “servizio per l’impresa” dovrà essere sempre più riconosciuta come “settore produttivo”, per attrarre nuove attività economiche ed intercettare il valore aggiunto associato alla gestione dei grandi flussi di interscambio. 4 È sempre più necessario quindi che il Paese guardi alla realizzazione di una filiera della logistica (es. cercando di “lavorare” la merce che arriva nei container e non essere solo canali di transito; sviluppare le forme di trasporto intermodale, potenziare gli interporti; creare distripark) creando così nuovo benessere e posti di lavoro in Africa ed in Sicilia.. Considerato che il 70% dei porti italiani sono posizionati nel Sud d’Italia mentre la maggior parte delle infrastrutture stradali, ferroviarie e interportuali sono localizzate nel Centro-Nord risulta evidente che la portualità rappresenta, oggi, l’unica risorsa per il Mezzogiorno soprattutto in considerazione di quanto detto in precedenza riguardo ai mutamenti nei flussi internazionali e intramediterranei calcolato che i container che transitano nei porti italiani senza uscire dalla cinta doganale, cioè senza effettuare stoccaggi o manipolazioni della merce, equivalgono a ben 4,5 milioni di Teu. È auspicabile, quindi, un utilizzo più razionale delle poche risorse pubbliche disponibili nelle direzioni prima indicate ed un maggiore ricorso a forme di finanziamento alternative quali il partenariato pubblico-privato o capitali interamente privati. Un’interessante opportunità potrebbe essere il ricorso ai Fondi Sovrani come fonte di finanziamento per l’implementazione di infrastrutture logistiche nel nostro territorio. In generale, i FOS hanno una forte propensione ad investire nei mercati esteri e, storicamente, la mèta più ambita è sempre stata l’Europa (soprattutto per quanto riguarda i fondi MENA). La Sicilia, da questo punto di vista, potrebbe essere una mèta ideale poiché necessita di ingenti capitali ed ha da offrire un know how di alta qualità, una porta d’ingresso ai mercati europei ed una posizione baricentrica rispetto alle rotte degli scambi all’interno del Mediterraneo e del mondo. In particolare, un’area di forte interesse per gli investitori stranieri potrebbe essere il recupero delle aree retroportuali che presentano un edificato industriale dismesso, numerosissime in Sicilia in cui il fenomeno della deindustrializzazione si è manifestato con maggiore forza. La bonifica ed il rilancio di tali aree, oggi luogo di degrado urbanistico e sociale, costituisce, in prospettiva, una risorsa preziosa per l’economia di territori che affacciano sul mare e sono dotati di porti già inseriti nelle principali correnti di traffico internazionale. Nuove forme di organizzazione industriale spiegano l’abbandono dell’“economia delle scorte e del magazzino” e la nascita dell’“economia dei flussi”. La globalizzazione “matura” accentua la specializzazione regionale e facilita la concentrazione di imprese in luoghi che offrono vantaggi specifici, come lo sono i poli e centri logistici, gli interporti, i distripark. Occorre quindi creare un a Filiera Territoriale Logistica (FTL) Regionale capace di interfacciarsi con l’Africa del Nord e di offrire un servizio competitivo per il Far Est Asiatico.

E’ necessario che la Sicilia armonizzi sistemicamente con differenziazione di prodotto le tre aree metropolitane potenziando lo sbocco a mare dei porti commerciali dotando ciascuna delle aree di un retroporto, inteso quale area attrezzata ricavabile da ambiti industriali dismessi e bonificati, da rendere appetibili agli investitori attraverso misure generalizzate di defiscalizzazione, dove possano insediarsi attività di logistica “a valore aggiunto” rivolte prevalentemente all’esportazione o alla riesportazione via mare, dopo aver subìto un perfezionamento produttivo attivo. L’ambito interno al territorio deve essere costituito da strutture plurimodali ed intermodali basate prevalentemente sullo scambio modale ferro-gomma. 5 Le funzioni tradizionali di un centro di distribuzione si stanno estendendo sempre più a varie attività capaci di generare valore aggiunto logistico (VAL) in quelli che vengono definiti Distribution Centres localizzati in aree portuali e retroportuali, ove si sviluppano servizi logistici a valore, aggiungendo a magazzinaggio e distribuzione attività di configurazione del prodotto, assemblaggi “in-transito” di componenti e parti (merge in transit), imballaggio, preparazione di documentazione e gestione ordini, servizi di call-center per i clienti, controllo di qualità, riparazione e movimentazione di beni “di ritorno” (reverse logistics). La posizione geografica della Calabria e Sicilia, poste all’estremità sud della penisola, tra il Tirreno e lo Ionio, candidano entrambi le Regioni ad un ruolo deter

minante nel riassetto degli equilibri internazionali, favorendo importanti opportunità di sviluppo; ciò non solo dal punto di vista economico ma anche da quello sociale, culturale e umano. In tale contesto il sistema portuale dell’ area Metropolitana di Messina, deve essere in condizione di collocarsi nel sistema siciliano costituito da una rete di aereoporti e porti e presto dotato di una rete ferroviaria ad alta capacità tra Messina – Catania – Palermo, giocando un ruolo fondamentale nel settore manufatturiero dell’agroalimentare e del florovivaismo, rivendicando per la Città Metropolitana, porta della Sicilia e dei flussi in transito, il ruolo di hub per il trasporto marittimo dei passeggeri dall’ Africa al Nord all’ Europa e per le isole Minori. Il porto di Messina, tra i primi 10 porti Nazionali, e secondo in Sicilia solo ad Augusta, deve ritagliarsi un ruolo importante nella logistica dei container e nella trasformazione e distribuzione delle merci utilizzando per tale finalità le aree retroportuali industriali dismesse fino al nuovo porto di Tremestieri. Solo considerando il Mediterraneo quale unica grande area di sviluppo integrando i territori con politiche di settore capaci di portare sviluppo e benessere sociale può evitarsi che il Mare Nostrum si trasformi in un enorme cimitero marino o peggio che la disperazione dei popoli generi una nuova questione razziale dettata dalla lotta per la sopravvivenza.