Ho appena visto che ha voluto riproporre all'attenzione dei suoi lettori una mia datata riflessione sulle vicende del glorioso club giallorosso dai risvolti davvero inspiegabili. Nulla quaestio, ma vorrei meglio contestualizzare alcune situazioni. Prima lo stato di insolvenza della società poteva, anche se facilmente, desumersi dall'analisi dei comportamenti e delle decisioni assunte dal managment.

Oggi è lo stesso massimo esponente del sodalizio a dipingere a tinte fosche gli scenari parlando (vd. TG RTP di ieri) ripetutamente di uno stato di insolvenza di per sé anticamera di un fallimento, ahimè, sempre più vicino. Ciò indipendentemente dalla confusione che si vorrebbe ingenerare nell'ambiente parlando di una copertura totale delle spese per un'aleatoria riproposizione del Celeste (di cui 700.000 euro pronta cassa) mentre dall'altra parte non ci sarebbero risorse per far fronte alle pratiche per l'iscrizione, pagamento degli stipendi compreso. Credo che la tifoseria abbia finalmente ripreso contezza della delicatezza della situazione che, comunque, non mi sembra proprio il caso di addebitare esclusivamente alla gestione passata.

Si dice da sempre: "al nemico che fugge ponti d'oro" ma come spesso accade a Messina i ponti d'oro li ha trovati lo straniero conquistatore che senza un sesterzo pensava forse di poter ripercorrere la strada di Massimino. Anche perché di Massimino che per miseri (per lui) 400.000.000 milioni di lire aveva fatto cancellare il Messina dalle categorie professionistiche non parla mai nessuno. Dei signori Franza, invece, messinesi puro sangue, che molti anni dopo (ma per cifre iperboliche rispetto alla fidejussione non depositata nei termini dal presidente di Schillaci e Napoli) disegnarono, sfortunatamente, lo stesso destino per una squadra fresca di Serie A, ingiustamente in tantissimi ne fanno ancor oggi oggetto di dileggio. Evidentemente, però, non tutti sono bancabili, bravi e fortunati come Massimino...