Voto no. In maniera convinta. Non ho alternativa, dal momento che la riforma targata Renzi-Boschi è qualcosa di aberrante, un pasticcio confezionato da un drappello di dilettanti allo sbaraglio, al cospetto dei Padri della nostra straordinaria Costituzione. Dilettanti allo sbaraglio Siamo d’accordo, è stata violentata in passato da altri dilettanti, ma hanno avuto il buonsenso di non stravolgerla.

Il prossimo 4 dicembre gli italiani sono chiamati alle urne per approvare o bocciare una riforma talmente strampalata che non riesce nemmeno a mettere d’accordo gli stessi parlamentari del partito che l’ha proposta. Devo ammettere che mi sono documentato per farmi un’idea immune dal condizionamento psicologico che nutro per Matteo Renzi e i suoi sodali. Ho capito che votare Sì significherebbe affondare la Democrazia del nostro Paese che dura dal giugno 1946.

Ovvero dalla data del Referendum in cui gl’italiani scelsero la Repubblica. Al riparo da derive antidemocratiche I padri costituenti, Gaspare Ambrosini, Pietro Calamandrei, Giuseppe Dossetti, Giovanni Leone, Aldo Moro, Costantino Mortati, Tomaso Perassi, Paolo Rossi, Egidio Tosato e poi altri del calibro di Giorgio La Pira e Maria Bettiol, mica Matteo Renzi o Maria Elena Boschi, nel 1948, ci hanno consegnato una Carta costituzionale che mette al riparo la nostra Repubblica da derive antidemocratiche.

Lo dimostrano i fatti. Oggi, il buon Renzi tenta di rivoluzionare i nostri principi costituzionali, mettendo in discussione l’equilibrio che i Padri costituenti hanno costruito attraverso una perfetta architettura. Riduzione dei parlamentari? Macché La riduzione dei parlamentari è soltanto uno spot per indurre gl’italiani in errore, tant’è che rimarrà il Senato seppure con un numero ridotto, mentre i senatori non saranno più eletti dai cittadini ma nominati dal club degli amministratori. Va detto che il bicameralismo non va in pensione che l’altro ramo del Parlamento continuerà a funzionare seppure a regime ridotto.

Gli indecisi riflettano La mia decisione di votare No al referendum deriva dal desiderio di avere una Riforma costituzionale ampiamente condivisa, studiata da autentici statisti, quindi non da un “bulletto” o da una “strafiga” che fa il ministro. Desidero condividere questo desiderio con quanti ancora sono indecisi cosa votare.