Manca poco al debutto di Toccata e fuga, commedia di Derek Benfield che domenica 12 Marzo andrà in scena, al Teatro Trifiletti, in doppio  appuntamento, alle ore 18.00 e alle 21.00 per la Stagione Quinteatro diretta dal regista e attore  Giuseppe Pollicina, e organizzata da Le Alte Terre di Mezzo, di Tania Alioto, in compartecipazione con il Comune di Milazzo.

Ed è proprio nelle vesti di regista e attore  che  vedremo attivamente impegnato   Giuseppe Pollicina questa volta al fianco di Salvatore Sacco, Emanuela Mendolia, Claudia Gemelli e Francesca Marcaione.

Non mancheranno i colpi di scena e l’alternarsi repentino di stati d’animo che tengono sulla corda lo spettatore. Commedia brillante, dicevamo, anche se dopo la prima mezz’ora il senso del dejà vu riesce a condizionare lo spettatore più smagato che si trova d’un tratto oltre i confini del divertimento.

A tal riguardo  vi  proponiamo una breve intervista al regista Giuseppe Pollicina.

La regia o la recitazione,  in quale di questi ruoli si riconosce di più e perché?

Fino a qualche anno fa le avrei risposto senza esitazione che, dovendo scegliere, preferirei sempre recitare. Oggi con l’età che avanza, comincio ad apprezzare di più il lavoro dietro le quinte. Dirigere è come mettere una firma, dare un’impronta ai tuoi lavori. Mi piace l’idea di vedere un progetto realizzato bene e quando riesci ad avere gli attori e i tecnici giusti, come in questo caso, diventa veramente un piacere sia dirigere che recitare.

Cinema o teatro? Se le fosse chiesto di scegliere riconfermerebbe il suo percorso, oppure opterebbe per il grande schermo?

Teatro sempre! Al cinema puoi ripetere una scena se non va bene ma il teatro è come la vita, se sbagli non puoi correggere. Quindi trovo che il rapporto diretto, quasi simbiotico, con lo spettatore, sia qualcosa di impagabile. Dal palco, con l’esperienza, riesci a percepire ogni respiro, ogni reazione, ogni sensazione. Diventa uno scambio di emozioni impagabile.

Quale ruolo interpretato nel corso della carriera l’ha emozionata di più?

Scegliere fra le duecento vite diverse portate sul palco non è semplice. Tanti i nomi che mi ritornano in mente da Cico (il ragazzo con problemi mentali di “E fuori nevica”) a Don Silvestro (parroco di “Aggiungi un posto a tavola”) sono molti quelli che ho amato portare in scena. Lei però ha usato la parola “emozione”, ecco, se penso quindi al ruolo più difficile sotto questo punto di vista, penso sicuramente a Beppe Alfano di “(P)resa di coscienza”. Interpretare un uomo che hai conosciuto, fra l’altro avendo di fronte i suoi cari, è sicuramente una responsabilità che ti fa venire i brividi.

Cosa consiglierebbe ai giovani che vogliano intraprendere questa carriera?

Di iniziare solo se sono consapevoli della fatica che comporta. Mi spiego: questo è un lavoro meraviglioso, ma spesso la gente confonde le nostre facce buffe con la vita vera. Abbiamo dolori e gioie come gli altri, ma siamo condannati ad apparire sorridenti. Devi avere due entità diverse dentro. Quello che la gente vede è il tuo sorriso stupido sui social network, poi c’è la vita vera, e quella è un’altra storia. Quindi il consiglio è quello di partire corazzati, di essere preparati ai mille pareri contrari che ti daranno; del resto se credi ed ami questo lavoro puoi superare tutto.

Cinema, teatro, spettacolo in genere, perché e così difficile emergere in questo settore?

Perché devi essere bravo! Oggi come oggi devi anche essere imprenditore di te stesso, devi sapere che la tua immagine e i tuoi sacrifici viaggiano col tuo nome. Se saprai costruire, frequentare corsi seri, persone giuste e ambienti sani, prima o poi il tuo talento viaggerà. Piedi per terra, umiltà e consapevolezza dei propri mezzi. Non serve altro.

Il Palcoscenico e il cinema, due facce della stessa medaglia in cui i sogni prendono vita. Ma, al giorno d’oggi è ancora giusto per i giovani rincorrere i propri sogni?

Assolutamente si. Guai a smettere di sognare, è la base della vita avere dei progetti da realizzare. Agli inizi certo devi ragionare bene e cercare di crearti comunque una base lavorativa alternativa, se poi dopo dovessi riuscire, appena hai la sicurezza che l’arte ti dà da vivere puoi decollare.

Chiudiamo con l’ultimo lavoro. Dopo due anni di nuovo sul palco con un progetto tutto suo. Come nasce “Toccata e fuga”, cosa dobbiamo aspettarci?

Di riflettere divertendovi da morire. Scelgo sempre lavori che abbiano qualcosa da dire. Questo lavoro di Benfield, divertente come non mai, contiene dentro di sé mille spunti.
Ridi con le lacrime ma pensi: “E se succedesse a me?” Non voglio parlare della trama perché è veramente impossibile da raccontare, va visto con attenzione e vi aspettiamo a teatro per questo. Voglio solo ringraziare la produzione di “Le Alte Terre Di Mezzo” che ha creduto in questo progetto e soprattutto voglio ringraziare tutta la squadra. Il cast: Emanuela Mendolia, Claudia Gemelli, Francesca Marcaione e Salvatore Sacco che lavorando con ritmi serrati sta costruendo con me questa ennesima scommessa faticando davvero tanto. L’aiuto Regista Valeria Di Brisco che dividendosi fra studio e teatro per l’ennesima volta mi segue nelle mie avventure teatrali. Il Direttore di scena Tania Alioto che, motore instancabile, sta lavorando alla ricerca dei mille particolari che danno ad ogni lavoro quel “quid” in più. La squadra della “No problem” per le scenografie, le fotografie di Antonino Il Grande, la Grafica di Santino Bellinvia, le luci della “B & Sound” che stanno mettendo insieme tutto ciò che fa la differenza quando metti su un lavoro. Infine un grazie agli attori Ivan Bertolami e Salvatore Maiorana per il supporto che hanno dato a questo progetto pur se fra mille difficoltà. Ovviamente dimenticherò qualcuno sempre, mi consenta solo, in chiusura, di dedicare questo lavoro ad un “fiore d’acciaio” che non c’è più.