“Se la mia presenza serve a salvare il Servizio 118, come mi è stato comunicato, verrò tutti i giorni in Sicilia. Ma verrò fuori dalla campagna elettorale. Restituiremo alla città dello Stretto un sindaco dei messinesi e non degli invasori”. Queste frasi pronunciate, oggi al Palacultura, dal “capitano” della Lega Nord Matteo Salvini risuonano come tamburi battenti per la città di Messina che si stava vedendo strappare prima il Pronto Soccorso Pediatrico, poi le ambulanze con medico a bordo mentre nel frattempo si decideva di edificare un Hotspot in tutta la sua bruttura, nel villaggio Bisconte. Insomma, un “cofanetto formato famiglia” che è anche un attentato per la “pelle” e la vita della comunità.

Il Leader leghista accompagnato dall’esponente nazionale Attaguile, dalla responsabile su Messina di Noi con Salvini Verdiglione e dal delegato della provincia Trifilò, ha fatto tappa nei luoghi, secondo lui, massacrati dalle scelte del Governo, tagliando la sanità e distorcendo la politica dell’immigrazione.

“Abbiamo il 26% di disoccupazione solo in Sicilia, dai rubinetti esce di tutto tranne che acqua - esordisce Salvini – viadotti che crollano ma che non fanno più impressione. La riforma del lavoro ha la sua validità qui come a Milano. Questa vostra terra può vivere di pesca, di agricoltura e di turismo. Messina può essere la capitale del turismo e non una discarica deli rifugiati. Denuncerà penalmente e civilmente, ovunque sia possibile farmi ascoltare”.

E poi non le manda a dire alla guida dell’Amministrazione comunale: “Ho visto tanti sindaci nella mia carriera però mai come questo attuale di Messina. Mi sembra il sindaco con i voti dei riciclati e rottamati che si interessa della presenza di Salvini nel suo contesto ma non si preoccupa delle ripercussioni di un’ospitalità smisurata dei profughi. Rischiamo di portarci la guerra dentro casa. La grande maggioranza di chi arriva nei barconi non è rappresentata da donne e bambini indifesi ma ragazzi 30enni e robusti. Noi entriamo nelle città in punta di piedi. Passare da quattro ambulanze ad una è vergognoso, si vuole la morte di una cittadinanza”.

“Battaglio a Bruxelles da anni perché la Sicilia torni a produrre - incalza Salvini -. Non vogliamo il pesce della Turchia o le arance del Marocco. Produrre indica il tasso occupazione, ricchezza per il proprio Paese, senza cedere il passo ad altri e facendoci persino imitare. Produrre in loco e non esportare i giovani. Abbiamo fatto scappare 150mila nuove generazioni ma abbiamo accolto 180mila ragazzi di nazionalità estera. Tutti si possono soccorrere e curare ma una volta messi in sesto si trasferiscono da dove provengono. Dobbiamo prenderci il nostro mare e sfruttare le sue risorse in termini di mobilità e trasporti. Tra un po’ aspettiamoci che qualcuno da Roma vorrà vendere pezzi del nostro mare”.

“A breve i fenomeni del G7 saranno su quest’Isola – ironizza - per riunirsi e discutere di massimi sistemi. Ma l’unico a non essere invitato è Putin. Forse hanno paura di lui che potrebbe essere l’unico a capire di sinergie internazionali. Che vertice con Gentiloni e la Merkel? Restituiamo a Messina il vanto di vecchi fasti, insieme ad un’altra gestione municipale”.  

Gli interventi di Attaguile e del coordinatore di Patti Trifilò sono rivolti alla mancanza di infrastrutture. In particolare chiedono a Salvini di mediare per la realizzazione del Ponte sullo Stretto. La Verdiglione fa presente la necessità di mantenere i servizi sanitari pensando semmai a un potenziamento ed è così che ha coinvolto un responsabile del 118 a Messina che riferisce: “Ricordiamoci che la nostra città ha l’unità di Stroke quarta in Italia e l’abbattimento del numero delle ambulanze sarebbe una grave situazione che indebolirebbe e demolirebbe la rete di salvataggio ed assistenza per gli ictus. Riflettiamo sui paesini montani senza mezzo d’emergenza”. Una donna si è concentrata sulla disgrazia di non avere una condotta idrica non funzionante per un intero anno ma continue crisi da affrontare. “Un rione di Messina come Tremonti non ha avuto acqua per tre mesi - esplode -, durante la famosa rottura di fine 2015 e gli ospedali non avevano l’acqua per pulire le sale operatorie”.

Infine, il fondatore del Comitato No hotspot Giovanni Pistorio residente vicino a Bisconte racconta di essersi accorto che una mattina stavano operando lavori di allargamento della Caserma Gasparro. “Accorinti non può essere contrario all’Hotspot ma favorevole all’accoglienza diffusa, è una contraddizione” – ammette.                          

   

   Foto Rocco Papandrea