Ad una settimana di distanza dal voto francese che ha determinato la sconfitta del partito socialista transalpino e l'affermazione di Emmanuel Macron che andrà al ballottaggio con Marine Le Pen pare utile qualche riflessione.

Il voto francese ha sancito la nascita di un nuovo protagonista politico: Emmanuel Macron! I politici nostrani ed in particolare Renzi si specchiano in Macron. Il paragone tuttavia non regge per una questione di ombrello. Macron ha lasciato l'incarico di ministro e ha fondato un nuovo movimento ("en marche") rompendo con il partito socialista, Renzi vuole apparire nuovo nascondendosi e proteggendosi all'ombra dell'ombrello del PD. Umiliato dall'esito del referendum costituzionale non ha tenuto fede all'impegno assunto davanti al Paese: ritirarsi dall'agone politico come aveva più volte dichiarato. Al contrario ė stato responsabile di una scissione i cui effetti saranno più evidenti alla prossima tornata elettorale.

Arrogante e vanesio si propone alla guida del PD e continua imperterrito a dettare l'agenda del governo come se il 4 Dicembre fosse un infortunio di percorso. Forte di un apparato di cortigiani senza arte nè parte si impossesserà del partito e si sentirà legittimato a comminare la sua personale narrazione senza vincoli e lacci. I tre anni del governo Renzi sono stati devastanti sotto l'aspetto economico e sociale. Il debito pubblico è aumentato, la disoccupazione giovanile è divenuta una malattia incurabile, il welfare è stato smantellato e la nausea dei cittadini nei confronti della politica è diventata vomito. Nonostante ciò l'apparato del PD lo eleggerà capo del partito. È un caso oggetto di studio Matteo Renzi.

I precedenti segretari del partito ( D'Alema e Bersani) dopo sconfitte o non vittorie hanno lasciato il ponte di comando, lo spergiuro di Rignano d'Arno rilancia e si impossessa di nuovo del potere senza alcuna resipiscenza o riflessione. A differenza di Macron non solo non crea un nuovo movimento politico ma utilizza il partito che ha dilaniato come un taxi. Le farlocche primarie che si celebrano oggi incoroneranno Renzi segretario ma sanciranno la fine del PD come partito riformista e plurale per farlo divenire il PdR cioè il partito di Renzi e dei suoi cortigiani che saranno premiati con una candidatura o con posti di sottogoverno.

L'interesse del Paese, la soluzione dei problemi, la lotta alle diseguaglianze e alla povertà crescente sono argomenti populisti che non interessano lo storytelling renziano. Ciò che conta è dare le carte e premiare la fedeltà non la lealtà. È scandaloso e cinico tuttavia adoperare il partito di Gramsci per i propri scopi personali e per perpetuare arrogantemente il proprio disegno cinico ed egoistico.

È legittimo perseguire un disegno e cercare di convincere i cittadini della bontà del progetto... ma senza l' ombrello protettivo di un partito la cui storia confligge in maniera inequivocabile con il renzismo. Più che a Macron, Renzi assomiglia a Fini.