Lo scorso primo dicembre è stato disposto un decreto ministeriale attraverso il quale è stato sancito un taglio all'organico nel Distretto giudiziario di Messina con la rimozione di un magistrato nel settore requirente ed uno nel settore giudicante.

La risposta dell'Ordine degli avvocati di Messina non si è fatta attendere ed il suo Presidente, Vincenzo Ciraolo, si è recato a Roma per contestare la decisione presa dal Governo che, tra l'altro, non è condivisa neanche dal Consiglio Superiore della Magistratura. “Mi sembra chiaro – spiega Ciraolo una volta tornato dall'incontro – un ingiustificato accanimento nei confronti del Distretto di Messina e mi convinco sempre di più che, dietro le decisioni prese, vi sia il piano strategico indirizzato, nel prossimo futuro, alla illegittima soppressione della nostra Corte d'appello. L’intervento del Consiglio dell'Ordine, concretizza il nostro dovere di tutelare il diritto alla giustizia della nostra cittadinanza che questa riforma rischia di compromettere, come dimostra il parere contrario espresso dal Consiglio Superiore della Magistratura”.

Così si legge nel parere dato dal CSM – obbligatorio per poter applicare il decreto, ma di per sé non vincolante – in merito a tale questione: “Relativamente al Tribunale di Messina si è registrato, nel settore civile, un alto valore del rapporto tra fascicoli pendenti e magistrati in organico pari a 847 procedimenti a fronte dei 498 della media nazionale che richiede un rafforzamento dell'organico; a questo si aggiunge per il settore penale, l'esigenza di non indebolire il presidio giudiziario in ragione della presenza della criminalità organizzata di stampo mafioso sul territorio”.

Vista la premessa – continua il Presidente dell'Ordine – ci saremmo aspettati la loro conferma, invece abbiamo verificato che sono stati tagliati dalla pianta organica. Di qui la decisione di volare a Roma, unitamente al Presidente dell'Assemblea regionale siciliana, Giovanni Ardizzone, e alla Presidente della Giunta dell'Associazione Nazionale Magistrati di Messina, Caterina Mangano, convinti che vi fosse un errore materiale da rivedere nel decreto ministeriale”.

Quello che più mi ha colpito – evidenzia Ciraolo – è stato il modo con cui siamo stati accolti al Ministero che, esente dai doverosi formalismi, mi è apparso immediatamente ostile nei confronti della giurisdizione del Distretto messinese. Senza mezzi termini abbiamo raccolto ingiustificate accuse di inefficienza e, di fatto, appreso che al Ministero disconoscono l'esistenza del fenomeno mafioso a Messina dimenticando o ignorando, che la scorsa estate abbiamo subito nel nostro distretto ben due attentati: uno al sostituto procuratore di Barcellona Pozzo di Gotto, Federica Paiola e l'altro al presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci”.

E conclude: “Devo amaramente registrare il sospetto che quanto sta avvenendo, con il contestuale rafforzamento dell'organico dei magistrati a Catania e Palermo, abbia come fine ultimo quello di ottenere la soppressione della nostra Corte d'Appello con contestuale esponenziale crescita in termini di importanza di una delle altre due siciliane che ne assorbirebbe il contenzioso diventando, di fatto, tra le tre Corti più importanti in Italia per giurisdizione territoriale. La partita non finisce qui. Nei prossimi giorni, in Consiglio, decideremo se impugnare questo decreto. La classe politica messinese – nel dimostrare il suo peso – faccia propria questa battaglia, perché ridurre la pianta organica nel nostro territorio equivale a depotenziarla dal punto di vista socio-economico e a consegnarla alla criminalità organizzata”.

Paolo Fabrizio Mustica