Questa amministrazione comunale guidata dal sindaco Free Tibet credo stia incidendo notevolmente sul mio modo di pensare. Ero abituato, per onestà morale e intellettuale, a riconoscere i miei errori e, se da essi fossero scaturiti danni o malintesi, le mie responsabilità. Ma, la nuova visione della non politica (o della politica da strada), che trova cassa di risonanza nei social, siano essi cartacei o via web, mi sta facendo ricredere. Ma se basta dire “è colpa di … non mia” trova ampio rilievo e propaganda, facendo da pubblicità subliminale, induce a credere che essere corretti e onesti intellettualmente, non solo non paga, anzi snatura il rapporto con se stessi.

E, imbonito dal “non ne sapevo niente”, tale pensiero comincia ad instradarti sulla via della irresponsabilità che ti affranca (si fa per dire) da altre cose. In un rigurgito di perbenismo (sempre intellettuale), però, alla fine concludo che l’esempio accorintiano non è dei migliori, non è verbo da seguire per farsi snaturare, ma condizione da ripudiare per la conservazione di un pensiero proteso alla verità. Dei fatti e delle cose. E in questo senso credo che siano tanti, ormai, che prendono le distanze da questo tipo di pensiero; che siano in tanti ad abbandonare la trincea della difesa ad oltranza di una sindacatura snaturata dai fatti (magari non dalle idee di partenza), tant’è che non si notano più, sul web, le veementi difese che hanno caratterizzato i primi due anni di questa amministrazione.

Anche i più accaniti sostenitori di Accorinti, quindi, cominciano ad accusare qualche colpo e a prendere le distanze dal guru tibetano. E ce n’è ben donde. A vedere com’è ridotta la città infatti, viene da chiedersi se viviamo nella tredicesima città d’Italia per numero di abitanti (ma ultima, o quasi, per qualità di vita) o nell’ultimo centro abitato della più profonda Africa. Dove, però, possibilmente, i rifiuti vengono raccolti; le buche e le crepe nelle strade asfaltate; il verde pubblico curato e non dato in appalto magari a chi lo utilizza per i propri bisogni; la pubblica illuminazione illumina (scusate il bisticcio); gli alberi vengono potati e non nascondono le lampade stradali, né i semafori; le società partecipate non sono col trucco e non divorano (senza costrutto) i soldi dei contribuenti; dove non si studiano ulteriori soluzioni per strappare dalle tasche dei messinesi altri soldi; ma, specie in questi ultimi tempi, soprattutto si dice la verità e non si scarica la colpa su altri. Ecco, quest’ultimo (ma certamente non ultimo) è uno dei motivi per i quali i messinesi si sono stancati di Accorinti e altri lo faranno.

Questo addossare ad altri le colpe delle proprie irresponsabilità, tipo l’ultima ordinanza, quella di chiusura di 38 scuole cittadine, per mancanza di riscaldamento (come mai non era stato ordinato il gasolio?), ma 27 delle quali non esistevano già da anni.

Prima era colpa “di quelli che c’erano prima”, ora che la colpa non può essere attribuita a quelli che c’erano prima, “è del dirigente che ha preparato l’ordinanza”. Che Accorinti ha firmato, però. E che avrebbe dovuto accertare nella veridicità dei contenuti. E non è neanche colpa di quelli che c’erano prima se quanto si fa nell’ultimo centro abitato della più profonda Africa (descritto sopra) non viene fatto a Messina, cosi' come non è colpa dei dirigenti della casa comunale. Ma colpa di un’insipiente e incapace (e anche bugiarda) amministrazione che dimostra di non avere alcuna idea da portare avanti per il risanamento e il rilancio della città. E non basta mettere in strada qualche autobus del servizio cittadino in più per dire che l’azione dell’amministrazione è positiva. Occorrono ben altre cose, prima di tutto la conoscenza delle vere esigenze della città. Compresa la circolazione urbana.