All' "Arena" di Giletti e a "Che Tempo Che Fa" di Fazio si è dato ancora spazio alle esternazioni di due giganti di cartapesta. La fragilità di questi due soggetti è pari all'arroganza oratoria, al narcisismo della postura e alla nullità dei contenuti. Ambedue sono convinti di essere degli statisti, mentre tutta la loro azione politica si è rivelata alla prova dei fatti un disastro. Renzi e Crocetta sono accomunati in tutto: protervia, inconcludenza, egolatria, supponenza e familismo. L'ascesa dei due dioscuri della rivoluzione e della rottamazione è frutto di cinica speculazione personale e della inadeguatezza di una classe politica impreparata, ignava e ipocrita. Crocetta si è presentato al popolo siciliano vestito con l'armatura dell'antimafia utilizzata come spot elettorale per ottenere i voti necessari per essere eletto. Le icone dell'antimafia, però, in alcuni casi hanno perso colore, in altri casi sono indagate o addirittura condannate mentre l'icona più preziosa, la Borsellino, ha sbattuto violentemente la porta.

Crocetta, tuttavia, non pare si sia accorto di questo e continua a riproporre lo stesso spartito e suonare la stessa musica con identici musicisti. Difficilmente sarà ancora creduto. L'azione politica e amministrativa dei suoi quattro governi fanno impallidire l'epopea dei pupi siciliani e hanno ridicolizzato la Sicilia in Italia e nel mondo. Viene utilizzato dalla TV di Stato per aumentare l'audience come il clown nel circo Togni. Nulla di positivo può essere addebitato a questo personaggio in quasi cinque anni di governo se non avere generosamente elargito ai suoi amici prebende e posti di sottogoverno. Il familismo rende Saro fratello omozigote di Matteo. I due hanno superato addirittura Angelino Alfano in questa speciale classifica. Risultano inoltre anche inarrivabili per le promesse non mantenute e per le contorsioni istrionesche delle loro spiegazioni. L'ex Presidente del Consiglio e segretario dimissionario del PD è l'artista sommo delle bugie, l'affabulatore che utilizzando le parole si era convinto di essere diventato più bravo di un mago e del più scaltro venditore di sogni. Nell'intervista a "Che Tempo Che Fa", ha sciorinato tutto il repertorio già collaudato in questi tre anni accusando sempre gli altri del suo fallimento ma affermando contemporaneamente di assumersi la responsabilità della disfatta referendaria.

Un Pinocchio urticante. Non un accenno alle altre disfatte elettorali ( amministrative e regionali), nessun dubbio sulla conduzione padronale del partito, nessuna resipiscenza sul job-act, sulla abrogazione dell'articolo 18, sulla indegnità dell'uso dei vaucher, sulla precarietà, sulla diseguaglianza, sulla povertà, sulla devastazione della scuola, sull'aumento del debito pubblico, sulle Banche toscane, sulla disoccupazione giovanile. Solo parole, solo effimere frasi ad effetto che un giro turistico californiano ha provato ad aggiornare. In questi due personaggi manca completamente la capacità di autoanalisi e autocritica, mentre tracima la considerazione di se stessi. Ambedue infatti si vogliono riproporre per governare la Sicilia ed il Paese, convinti di essere depositari del vero e unici condottieri in grado di vincere guerre e scoprire nuovi mondi. Mancando del seme del dubbio, sono privi di rispetto verso i cittadini. L'energia che li alimenta è il vaniloquio del potere per il quale sono disposti a qualunque recita, a qualunque bugia e infingimento. In realtà sono giganti di cartapesta che avranno poche righe nei libri di storia politica, ma sicuramente saranno apprezzati da comici che li faranno rivivere nei cabaret come monito perenne nei confronti dei cittadini.